Best Practice e Servizi
Il Servizio Paghe Tandem e Paghe Tradizionale contengono all’interno della gestione delle Presenze e del Cedolino Paga tutte le tabelle che, automaticamente, permette di rilevare e calcolare le assenze per congedo parentale.
Per la rilevazione delle presenze, il Cliente può utilizzare il seguente Tutorial, con l’avvertenza di utilizzare nella casella dell’Evento il codice corretto relativo alla tipologia di congedo parentale usufruito dal lavoratore dipendente:
Approfondimento
Numerose sono le novità in materia di congedi parentali intervenute a partire dalla seconda metà del 2022. Il D.Lgs. 105/2022 ha infatti ampliato il limite dei periodi indennizzati e modificato l’arco temporale di fruizione dei congedi, portandolo da 6 anni a 12 anni dei figli. A ciò si aggiungono ulteriori misure per i soggetti a basso reddito, la variazione dei limiti di fruizione individuale e di coppia e le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2023.
Evoluzione della disciplina
Il congedo parentale è un periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei primi anni di vita al fine di soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali.
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Congedi parentali: la normativa
Per usufruire dei congedi legati alla nascita dei figli, i genitori devono presentare domanda al datore di lavoro e all’INPS. La presente Guida esamina gli adempimenti necessari.
Cenni generali
Prima di esaminare gli adempimenti di lavoratori e datori di lavoro è utile fornire un quadro delle tutele esistenti in materia di genitorialità.
L’ordinamento italiano, anche in attuazione di normative comunitarie, appronta diverse forme di tutela della genitorialità, non tutte necessariamente connesse con la condizione di “lavoratrice” o “lavoratore” dei genitori stessi.
Limitandosi alle misure protettive legate al rapporto di lavoro viene innanzitutto in rilievo l’art. 37 Cost.: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione».
Il divieto di discriminazione della madre lavoratrice (e del padre lavoratore) trova accoglienza nell’art. 3 D.Lgs. 151/2001 che vieta espressamente ogni trattamento peggiorativo derivante dallo «stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, o in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti».
In fase pre-assuntiva, al datore di lavoro è vietata qualunque indagine su fatti non rilevanti ai fini della valutazione delle capacità professionali del candidato, fatti tra i quali, per giurisprudenza consolidata, rientra lo stato di gravidanza (art. 8 L. 300/70).
Sussistono poi il divieto di licenziamento e di sospensione della madre lavoratrice, salvi casi particolari, dalla data del concepimento (che si presume coincidere con il 300° giorno precedente la data presunta del parto), e fino al compimento di un anno di età del bambino.
Le eventuali dimissioni durante tale «periodo protetto» danno alla madre, o al padre che abbia fruito del congedo di paternità in alternativa alla madre, il diritto a ricevere le indennità per il caso di licenziamento, ivi compresa quindi l’indennità di mancato preavviso. Le dimissioni stesse dei genitori, se rassegnate nei primi tre anni di vita del bambino (o nei primi tre anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato, o nei primi tre anni dalla comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per il primo incontro con il minore in caso di adozione internazionale), sono soggette ad una particolare procedura di convalida, da esperirsi presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Con il D.Lgs. 105/2022, il Legislatore ha esteso anche al padre lavoratore che abbia fruito del congedo obbligatorio di 10 giorni, ora previsto dal nuovo art. 27 bis D.Lgs. 151/2001, il divieto di licenziamento fino al compimento di un anno di età del bambino. Lo stesso D.Lgs. 105/2022 si concretizza in un più ampio intervento riformatore, in particolare, per quel che qui interessa, con riferimento ai congedi parentali (astensione facoltativa). Pertanto, il Mess. INPS 4 agosto 2022 n. 3066, oltre a fornire le prime indicazioni sulla nuova normativa, ha stabilito che le domande di congedo debbano essere presentate, in fase di prima applicazione, esclusivamente al datore di lavoro, in attesa dell’adeguamento delle procedure informatiche dell’Istituto, che sarà successivamente comunicato, consentendo di regolarizzare l’avvenuta fruizione dei congedi stessi e la presentazione delle domande nel periodo seguente.
Diverse norme tutelano poi la salute della madre lavoratrice e del nascituro:
- vietando il lavoro notturno, fino all’anno di vita del bambino; successivamente i genitori, alternativamente, potranno rifiutarsi di svolgere prestazioni notturne fino al compimento dei tre anni di vita del bambino, (elevati a 12 se il lavoratore è unico affidatario del figlio con lui convivente);
- vietando lo svolgimento di lavori faticosi o insalubri, imponendo in questi casi lo spostamento ad altre mansioni (che può essere disposto anche dagli organi ispettivi dell’ITL), o, laddove lo spostamento si riveli impraticabile, l’interdizione dal lavoro per tutta la durata della gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto;
- imponendo una specifica attività di valutazione del rischio in materia di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008);
- riconoscendo il diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di visite ed accertamenti medici connessi con lo stato di gravidanza.
Dal 13 agosto 2022, il datore di lavoro che impedisca o ostacoli la fruizione del congedo di maternità, del congedo parentale, del congedo straordinario, dei permessi legati alla malattia del figlio, dei permessi per allattamento, del diritto all’astensione dal lavoro notturno dei genitori e/o al rientro e alla conservazione del posto non potrà (salve altre sanzioni specifiche) conseguire la certificazione relativa alla parità di genere prevista dall’art. 46 bis D.Lgs. 198/2006, qualora le violazioni siano avvenute nel biennio precedente la richiesta della certificazione stessa.
Congedo di maternità
Durata del congedo di maternità
La lavoratrice deve astenersi dall’attività lavorativa:
- 2 mesi prima della data presunta del parto;
- 3 mesi dopo il parto.
È infatti vietato (art. 16 D.Lgs. 151/2001) adibire al lavoro le donne:
- nei due mesi precedenti la data presunta del parto;
- nel periodo che intercorre tra la data presunta e la data effettiva del parto, qualora quest’ultimo avvenga oltre la data presunta stessa;
- nei tre mesi successivi al parto;
- negli eventuali giorni non goduti prima del parto che sia avvenuto in data antecedente a quella presunta, i quali si andranno ad aggiungere al periodo di tre mesi di cui sopra, anche se ciò determina il superamento dei 5 mesi complessivi di congedo obbligatorio (art. 16, c. 1 lett d), D.Lgs. 151/2001 come modificato dal D.Lgs. 80/2015; Circ. INPS 28 aprile 2016 n. 69).
Il periodo di astensione prima del parto deve essere conteggiato a ritroso a partire dalla data presunta del parto senza includere tale data, di modo che, laddove data presunta ed effettiva vengano a coincidere «il periodo complessivo “ordinario” di congedo di maternità sarà pari a 5 mesi ed un giorno…» (Mess. INPS 12 luglio 2007 n. 18311).
Effetti delle assenze per maternità
La lavoratrice (o il lavoratore, nei casi previsti) durante l’assenza per congedo di maternità obbligatorio (art. 22 D.Lgs. 151/2001):
- matura normalmente l’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità e alle ferie, agli scatti di anzianità, al TFR, alle prestazioni pensionistiche e alle progressioni di carriera (salvo che, in quest’ultimo caso, i contratti collettivi non richiedano particolari requisiti);
- non potrà godere di ferie o altro genere di diritto ad assentarsi, contemporaneamente al congedo.
Le lavoratrici e i lavoratori con figli fino a 12 anni di età, o senza limiti di età nel caso di figli con disabilità grave, hanno, inoltre, diritto di precedenza per le richieste di attivazione della modalità di lavoro agile (art. 18, c. 3 bis, L. 81/2017).
Le lavoratrici e i lavoratori che abbiano fatto richiesta per il lavoro agile non possono essere sanzionati, demansionati, licenziati, trasferiti o sottoposti ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro; le relative misure adottate dal datore di lavoro sono considerate ritorsive o discriminatorie e quindi nulle. Il datore di lavoro che rifiuti, si opponga o ostacoli l’accesso al lavoro agile delle lavoratrici e dei lavoratori che si trovino nelle suddette condizioni, non potrà ottenere la certificazione di parità di genere nei due anni successivi.
In caso di apprendistato, i periodi di congedo non si computano ai fini della durata del periodo formativo (art. 7 DPR 1026/76).
Documentazione necessaria
Le lavoratrici, prima dell’astensione obbligatoria, devono consegnare al datore di lavoro un certificato medico (rilasciato in tre copie), contenente (art. 21 D.Lgs. 151/2001; art. 14 DPR 1026/76):
- generalità della lavoratrice;
- indicazione del datore di lavoro e della sede di lavoro;
- indicazione delle mansioni della lavoratrice;
- mese di gestazione alla data della visita;
- data presunta del parto.
Il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto deve essere inviato all’INPS esclusivamente per via telematica direttamente dal medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, secondo le modalità e utilizzando i servizi resi disponibili dall’INPS.
Entro i due mesi precedenti il parto la lavoratrice deve presentare all’INPS, in via telematica, e al datore di lavoro la domanda di maternità.
Il datore di lavoro o l’INPS non possono procedere al controllo dell’effettivo stato di gravidanza con le modalità previste per la malattia, ma solo attraverso una richiesta rivolta all’ITL, che effettua il controllo medesimo a propria discrezione, eventualmente avvalendosi di specialisti terzi, il cui costo è posto a carico del richiedente.
Successivamente al parto (o alla eventuale interruzione di gravidanza), la lavoratrice dovrà consegnare al datore di lavoro il certificato di parto da cui risulti l’evento stesso, entro 30 giorni dal suo verificarsi.
Il datore di lavoro deve rilasciare ricevuta di tali certificati e di ogni altra documentazione prodotta, che dovranno essere conservati per 10 anni.
Una particolare forma di tutela, volta a rendere effettiva l’astensione dal lavoro, riguarda le lavoratrici a domicilio, le quali, oltre al certificato di gravidanza, devono inviare all’INPS una dichiarazione del committente relativa all’avvenuta riconsegna di tutte le merci e del lavoro assegnato, anche se non completato, oltre ad una dichiarazione della lavoratrice stessa contenente l’indicazione di tutti committenti (art. 19 DPR 1026/76).
Anticipazione del congedo di maternità
In particolari condizioni l’interdizione dal lavoro può essere anticipata:
- ai tre mesi precedenti la data presunta se la lavoratrice è occupata in lavori ritenuti gravosi o pregiudizievoli per la salute della madre e del nascituro;
- a richiesta della lavoratrice, con provvedimento dell’ASL competente per territorio (residenza della lavoratrice o luogo in cui la stessa si trovi all’insorgere delle cause comportano l’anticipazione), nel caso in cui si riscontrino gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose che potrebbero essere aggravate dalla gravidanza stessa. In tal caso la lavoratrice presenta l’istanza corredata da certificato di gravidanza attestante le complicanze e/o le preesistenti forme morbose; la ASL emette il provvedimento, in duplice copia, entro 7 giorni dall’istanza, in regime di silenzio-assenso; l’anticipazione dell’interdizione decorre, in ogni caso, dalla data di inizio dell’astensione dal lavoro. Nella pratica, è solitamente emesso un certificato di malattia, in attesa dell’esito della procedura (DPR 1026/76);
- nei casi in cui le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino, oppure laddove la lavoratrice svolga un’attività faticosa o insalubre o che la esponga a rischi per la salute, e comunque laddove la stessa sia adibita al sollevamento e al trasporto di pesi, senza poter essere adibita ad altre mansioni; in queste evenienze l’anticipazione è disposta con provvedimento dell’ITL, su istanza della lavoratrice, del datore di lavoro, o d’ufficio a seguito delle normali attività di vigilanza; il datore di lavoro deve produrre documentazione idonea a rendere esplicita l’impossibilità di spostare la lavoratrice in posizione lavorativa compatibile con la sua condizione; il provvedimento a seguito di istanza è emanato, in duplice copia, entro 7 giorni dall’istanza stessa; la decorrenza dell’astensione coincide in questo con la data del provvedimento medesimo. Il datore di lavoro non può disporre l’interdizione in mancanza del provvedimento (DPR 1026/76; Risp. Interpello 1° giugno 2006 n. 97).
Il diniego dei provvedimenti in parola, sia da parte della ASL che dell’ITL deve essere motivatamente comunicato alla lavoratrice, che potrà presentare controdeduzioni nei 10 giorni successivi.
La modulistica per le istanze da presentarsi alla ASL, è reperibile presso le stesse ASL.
Prolungamento del congedo
Tra le motivazioni che consentono l’anticipazione del congedo di maternità, quelle relative al sollevamento e trasporto di carichi pesanti, alle lavorazioni vietate e alle condizioni ambientali o di lavoro pregiudizievoli per la salute della donna e del bambino possono condurre, (laddove sussista l’impossibilità di procedere, a seconda dei casi, alla eliminazione dei rischi o all’adibizione della lavoratrice ad altra mansione), all’adozione, da parte dell’ITL competente per territorio, di provvedimenti di interdizione dal lavoro fino al compimento del settimo mese di età del bambino, a cui possono anche sommarsi i giorni di congedo obbligatorio eventualmente non fruiti a causa di parto intervenuto precedentemente alla data presunta.
La lavoratrice avrà in questo caso diritto alla percezione dell’indennità INPS per tutta la durata dell’interdizione, ma dovrà presentare apposita istanza all’Istituto previdenziale.
Flessibilità del congedo
Per “flessibilità” del congedo si intende innanzitutto la possibilità, a determinate condizioni, di posticipare l’astensione dal lavoro, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità (salvo quanto sopra a proposito dei parti prematuri).
Il periodo di astensione lavorativa prima del parto può essere posticipato di un mese rispetto alla previsione ordinaria, in modo che il periodo successivo al parto avrà durata pari a quattro mesi. A tale scopo, è necessario che il medico specialista (del SSN o convenzionato) e il medico competente attestino l’inesistenza di rischi per la salute della madre e del nascituro.
L’INPS (Cir. INPS 29 settembre 2022 n. 106) ha stabilito che le certificazioni mediche necessarie per fruire della flessibilità dell’astensione obbligatoria non dovranno più, come in precedenza, essere allegate dalla lavoratrice alla domanda di indennità presentata all’Istituto, ma presentate esclusivamente al datore di lavoro entro il settimo mese di gravidanza. Tali nuove disposizioni, che valgono sia per le lavoratrici dipendenti sia per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata, si applicano:
- alle domande presentate a partire dalla data di emanazione della circolare;
- alle domande già presentate e ancora in fase istruttoria;
- su richiesta della lavoratrice, in autotutela, alle domande già definite in modo difforme, a condizione che non sia frattanto intervenuta la prescrizione;
- alle domande per le quali siano pendenti ricorsi amministrativi o giudiziali, per cui l’INPS porrà in essere, ancora in autotutela, le attività necessarie per la cessazione della materia del contendere.
Posticipo
Alle medesime condizioni sopra viste, a partire dall’anno 2019 (art. 1, c. 485, L. 145/2018), la lavoratrice può optare per rimanere al lavoro fino alla data effettiva del parto, godendo quindi di 5 mesi continuativi di congedo dopo la nascita del figlio.
La documentazione sanitaria necessaria deve essere acquisita dalla lavoratrice nel corso del 7° mese di gravidanza e deve attestare l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto o fino all’evento del parto, se questo dovesse avvenire in data successiva.
La documentazione deve essere presentata al proprio datore di lavoro e all’INPS entro la fine del 7° mese di gestazione.
La scelta di avvalersi di tale opzione deve essere effettuata nella domanda telematica di indennità di maternità. La domanda di maternità deve essere presentata prima dei 2 mesi che precedono la data presunta del parto e comunque mai oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile.
La documentazione medico-sanitaria deve essere presentata in originale direttamente allo sportello INPS oppure spedita a mezzo raccomandata (art. 49 DPR 445/2000), in un plico chiuso riportante la dicitura “Contiene dati sensibili”.
Rinvio e sospensione in caso di ricovero del neonato
Sono inoltre possibili (art. 16 bis D.Lgs 151/2001) sia il rinvio sia la sospensione del congedo di maternità nel caso in cui il neonato sia ricoverato (in strutture pubbliche o private).
Il rinvio e/o la sospensione, disposte su istanza della madre, comportandone il rientro al lavoro fino alla dimissione del bambino, sono subordinate alla presenza di attestazione medica che dichiari la ripresa dell’attività compatibile con lo stato di salute della madre. Pertanto, la madre dovrà:
- comprovare al datore di lavoro l’avvenuto ricovero del bambino
- produrre l’attestazione medica di compatibilità dell’attività lavorativa con il proprio stato di salute.
Senza tali documentazioni, il datore di lavoro non potrà adibire la donna al lavoro pena l’applicazione delle sanzioni di legge (arresto fino a sei mesi), mentre la lavoratrice andrà incontro alla perdita dell’indennità per congedo di maternità per i giorni di indebita permanenza al lavoro.
La lavoratrice è inoltre tenuta (Circ. INPS 28 aprile 2016 n. 69), prima della sospensione, a comunicare all’INPS (sede a cui è stata presentata la domanda di congedo di maternità) la data di sospensione del congedo, accompagnata dalla dichiarazione di responsabilità della lavoratrice di aver comprovato al datore di lavoro il ricovero del figlio e di avergli consegnato preventivamente l’attestazione medica relativa alla compatibilità del proprio stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa residuo. La comunicazione è effettuata tramite PEC o, in mancanza, in modalità cartacea. Parimenti, dovrà essere comunicata la data di ripresa del congedo.
Congedi parentali
Principi generali
Entrambi i genitori hanno il diritto (art. 32 D.Lgs. 151/2001) ad astenersi dal lavoro, per ciascun figlio, nei primi 12 anni di vita del bambino, per un periodo complessivo non superiore a 10 mesi, elevati a 11 qualora il padre se ne avvalga per almeno tre mesi, con le seguenti modalità:
- la madre lavoratrice, successivamente al periodo di congedo obbligatorio, ha diritto a sei mesi di astensione lavorativa, continuativa o frazionata;
- il padre lavoratore, a partire dalla nascita del figlio, può astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di sei mesi, elevabile a sette quando il padre stesso decida di avvalersene per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi;
- in caso di unico genitore, per un periodo continuativo o frazionato fino a 10 mesi.
Il congedo parentale può essere goduto per periodi continuativi oppure frazionati, su base mensile, giornaliera od oraria.
In caso di parto gemellare i relativi periodi sono comunque riconosciuti per ciascun figlio (Mess. INPS 27 giugno 2001 n. 569).
Il congedo potrà essere prolungato (e indennizzato) nel caso in cui il minore si trovi in condizione di grave disabilità (art. 33 D.Lgs. 151/2001). Il prolungamento può essere fruito alternativamente da uno o dall’altro genitore e la sua durata può estendersi fino a 3 anni, a decorrere dal termine della fruizione del congedo previsto per i casi ordinari, al quale dunque quest’ultimo si somma. Il congedo può essere sospeso nel caso in cui il genitore chieda la fruizione del congedo straordinario per gravi motivi, o in caso di malattia, con l’onere in questo caso, di far pervenire al datore di lavoro il certificato medico comunicando la sospensione del congedo (Circ. INPS 8 gennaio 2013 n. 3).
Il diritto all’astensione compete a ciascun genitore, anche laddove l’altro non ne abbia diritto.
In linea generale il periodo complessivo tra i due genitori non può superare i 10 mesi, ma quando il padre maturi il diritto a sette mesi di astensione (ossia, quando il padre fruisca di almeno tre mesi di congedo), il limite complessivo è elevato a 11 mesi.
La richiesta
Il diritto all’astensione è subordinato ad una comunicazione al datore di lavoro con un preavviso i cui termini sono stabiliti dai contratti collettivi, comunque non inferiore a 5 giorni, indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo richiesto.
Il genitore deve presentare, prima dell’inizio del congedo, la relativa domanda in via telematica all’INPS (Circ. INPS 2 aprile 2001 n. 82 e Circ. INPS 11 maggio 2001 n. 103) precisando il periodo di assenza. Dal momento che il periodo di congedo è frazionabile, tale adempimento deve essere ripetuto ogni volta.
Casi particolari
1) Il genitore solo, per fruire del maggior periodo di congedo deve allegare specifica certificazione medica comprovante la grave infermità dell’altro genitore. In ogni caso, tutte le circostanze che incidono sui limiti di fruizione del congedo parentale devono essere portate a conoscenza sia dell’INPS che del datore di lavoro (Mess. INPS 20 settembre 2007 n. 22911).
2) Il genitore che intende avvalersi di ulteriori periodi per la presenza di due o più gemelli deve presentare separate domande (Mess. INPS 27 giugno 2001 n. 569).
La richiesta di congedo parentale in modalità oraria deve essere presentata:
- al datore di lavoro con un preavviso non inferiore a 2 giorni;
- all’INPS prima dell’inizio del congedo, al limite anche il giorno stesso di inizio di fruizione. La richiesta è presentata mediante un’apposita domanda on line, diversa da quella in uso per la richiesta di fruizione giornaliera o mensile.
Nella domanda, che deve essere presentata in relazione al singolo mese solare, il genitore dichiara: se il congedo è richiesto in base alla contrattazione di riferimento o al criterio generale previsto dalla legge, il numero di giornate da fruire in modalità oraria e il periodo all’interno del quale le giornate saranno utilizzate (Circ. INPS 18 agosto 2015 n. 152).
Indennità
Per i periodi di congedo parentale è prevista l’erogazione di un’indennità a carico dell’INPS per i lavoratori dipendenti del settore privato, anticipata in busta paga dal datore di lavoro e da questi recuperata nella denuncia mensile UniEmens. La misura dell’indennità è pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata come per le prestazioni di malattia/congedo di maternità, ma senza l’incidenza dei ratei delle mensilità aggiuntive o di altri premi o trattamenti accessori erogati. A seguito delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2023, l’indennità è aumentata all’80% della retribuzione media per un periodo massimo di un mese (anche frazionato) entro il sesto anno di vita del bambino (o entro il sesto anno di ingresso del minore in famiglia in caso di adozione o affidamento). Tale aumento, fruibile alternativamente da parte di entrambi i genitori, non si applica nei casi in cui il padre o la madre abbiano terminato il periodo di congedo di maternità obbligatorio entro il 31 dicembre 2022.
Dal 13 agosto 2022, il D.Lgs. 105/2022 ha stabilito che:
- l’indennità spetta per sei mesi complessivi, suddivisi in periodi di tre mesi per ciascun genitore (tali periodi non sono trasferibili tra i genitori);
- in alternativa tra loro, i genitori possono fruire di un ulteriore periodo indennizzato pari a tre mesi;
- il genitore solo fruisce dell’indennità per un periodo massimo di 9 mesi;
- l’indennità spetta fino al compimento dei 12 anni di età del bambino (in precedenza fino ai sei anni);
- l’indennità è calcolata sulla base della medesima retribuzione media giornaliera assunta per la malattia e la maternità, ossia tenendo conto anche dei ratei delle mensilità aggiuntive e delle erogazioni premiali o accessorie spettanti;
- l’indennità è erogata anche per tutto il periodo di prolungamento del congedo, spettante per ogni minore con grave disabilità;
- qualora il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione, l’indennità è dovuta anche per gli ulteriori periodi di congedo e fino al 12° anno di età del minore;
- durante il congedo parentale, decorre normalmente l’anzianità di servizio e non si dà luogo a riduzione di ferie, riposi e tredicesima mensilità.
Congedo di paternità alternativo
Il congedo obbligatorio e la relativa indennità possono essere fruiti dal padre lavoratore (art. 28 D.Lgs. 151/2001), anche soltanto per la parte eventualmente residua non fruita dalla madre, nei seguenti casi:
- morte o grave infermità della madre;
- abbandono del minore da parte della madre;
- affidamento esclusivo del minore al padre.
In caso di grave infermità della madre, quest’ultima sarà considerata assente per malattia (Circ. Min.Lav. 89/1987; Circ. INPS 6 marzo 1992 n. 68). Qualora l’infermità cessi prima del termine del congedo obbligatorio, la parte residua tornerà ad essere fruita dalla madre.
Il padre deve fornire al datore di lavoro la certificazione attestante le condizioni di cui sopra, autocertificando l’eventuale condizione di abbandono del minore da parte della madre.
L’accesso all’indennità, ove dovuta, è subordinato alla presentazione della relativa domanda telematica all’INPS da parte dei lavoratori (Circ. INPS 2 aprile 2001 n. 82 e Circ. INPS 11 maggio 2001 n. 103). In caso di parto gemellare deve essere presentata una domanda per ciascun figlio.
Congedo di paternità
A partire dal 2013 è stato introdotto (inizialmente con l’art. 4, c. 24, L. 92/2012) un periodo di astensione obbligatoria, di durata limitata, anche per il padre, a prescindere dall’esistenza delle condizioni di cui sopra.
Norme successive hanno ampliato tale congedo, fino all’introduzione del D.Lgs. 105/2022 che lo ha inserito strutturalmente (art. 27 bis) nel D.Lgs. 151/2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità’). Il congedo di paternità deve essere fruito per 10 giorni lavorativi, nel periodo compreso tra i due mesi prima del parto e i 5 mesi successivi. Il congedo non è frazionabile ad ore. La durata del congedo è raddoppiata in caso di parto plurimo. Il congedo è riconosciuto anche durante il congedo di maternità della madre e anche al padre che fruisca del congedo alternativo in mancanza della madre.
Il congedo di paternità è riconosciuto anche in caso di morte perinatale (morte del feto o del neonato dalle 28 settimane di gravidanza fino ai primi 10 giorni di vita, Circ. INPS 11 marzo 2021 n. 42).
L’accesso del padre a tali congedi è subordinato unicamente ad una comunicazione al datore di lavoro da presentare con almeno 5 gg. di preavviso o nel minor termine previsto dai CCNL, in relazione all’evento nascita, ossia con riferimento alla data presunta del parto. Tale comunicazione avviene in forma scritta o attraverso l’eventuale sistema di gestione delle assenze adottato dal datore di lavoro. Il datore di lavoro comunicherà le giornate fruite dal padre attraverso il flusso UNIEMENS, nel quale porrà inoltre a conguaglio le prestazioni da lui stesso anticipate per conto dell’Istituto, spettanti al padre. Queste ultime sono quantificate nel 100% della retribuzione per ciascuna giornata di congedo, calcolata con il medesimo criterio adottato per il congedo di maternità. Durante il congedo di paternità decorrono normalmente l’anzianità di servizio e la maturazione dei ratei di ferie, mensilità aggiuntive e TFR. L’evento è coperto da contribuzione figurativa piena.
L’anticipazione da parte del datore di lavoro è esclusa per i lavoratori stagionali, gli operai agricoli, i lavoratori dello spettacolo saltuari o a termine, i lavoratori domestici, i disoccupati e i lavoratori sospesi in CIG a zero ore.
Con l’introduzione del D.Lgs. 105/2022 è abrogato il congedo facoltativo di un giorno, di cui il padre poteva fruire sottraendolo dalle giornate di congedo di maternità della madre lavoratrice.
Sanzioni
Sanzione amministrativa compresa tra € 516 e € 2.582 per la mancata concessione di:
- periodi di congedo parentale, compresi quelli spettanti al padre lavoratore
- riposi per allattamento
- assenze per malattia del bambino
Ricordiamo che il datore di lavoro è punito con l’arresto fino a sei mesi se non rispetta le prescrizioni relative a:
- divieto di adibire la donna a lavori faticosi e insalubri durante la gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto;
- divieto di far eseguire attività che comportino il trasporto e il sollevamento di pesi;
- obbligo di modificare le condizioni di lavoro o l’orario di lavoro delle lavoratrici considerate a rischio a seguito di apposita valutazione;
- divieto di adibire le donne al lavoro durante il periodo di interdizione;
- obbligo di consentire l’astensione anticipata per le condizioni di gravosità del lavoro.
Il datore di lavoro che ostacoli o impedisca l’esercizio di tali diritti, inoltre, non avrà accesso alla certificazione della parità di genere prevista dall’art. 46 bis D.Lgs. 198/2006, quando le violazioni siano avvenute nei due anni precedenti la richiesta.
Sanzione amministrativa da € 1.032 a € 2.582 per:
- violazione del divieto di licenziamento durante il primo anno di vita del bambino e mancata riammissione al lavoro della lavoratrice illegittimamente licenziata in stato di gravidanza e puerperio;
- violazione del divieto di sospensione nel “periodo protetto”;
- mancato rispetto del diritto di precedenza delle lavoratrici stagionali.