La remissione del debito (art. 1236 e ss. C.C.) e la normativa fiscale

Il nuovo art. 101 TUIR consente di dedurre le perdite su crediti inesigibili di importo inferiore a 5.000 euro, per le grandi imprese, e 2.500, per le altre imprese; condizione necessaria è che i crediti siano scaduti da almeno 6 mesi. Particolare attenzione deve essere quindi prestata nella rilevazione delle imposte anticipate e degli eventuali fondi svalutazione stanziati.

L’art. 101, comma 5, TUIR è stato modificato, dapprima, dal D.L. n. 83/2012, successivamente dalla legge di Stabilità 2014. Una delle novità più interessanti è rappresentata dalla possibilità di dedurre perdite su crediti di modesto importo, senza dover rispettare vincoli particolarmente stringenti.
Con la nota operativa n. 9 del 2014, l’Accademia Romana di Ragioneria evidenzia i principali aspetti fiscali e contabili, relativi alla deducibilità delle perdite su crediti di modesto importo.
Deducibilità delle perdite su crediti (art. 101 TUIR)
Sono deducibili:
“[…] le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato […]. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione […], e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.
Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili”.
Per poter essere dedotte, quindi, le perdite su crediti devono essere determinate da elementi certi e precisi. A tale proposito, il legislatore ha individuato una serie di ipotesi per le quali precisione e certezza sono rispettate ex lege, e cioè:
– quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali;
– quando il debitore ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti;
– quando il credito è di modesto importo e scaduto da almeno 6 mesi;
– quando il credito è prescritto;
– quando il credito è stato cancellato in seguito all’applicazione dei principi contabili.

Le perdite su crediti di modesto importo

Le imprese creditrici di grandi dimensioni (con ricavi pari almeno a 100 milioni di euro) possono dedurre le perdite su crediti di importo nominale, al netto di eventuali incassi già effettuati, non superiore a 5.000 euro, mentre le altre imprese potranno dedurre dette perdite se derivanti da crediti di importo non superiore a 2.500 euro.
Tali importi devono essere calcolati al netto degli interessi di mora e al lordo dell’IVA (cfr. circolare n. 26E2013).
Le perdite sono deducibili a condizione che il credito risulti scaduto da almeno 6 mesi e se la componente negativa sia stata imputata a conto economico.
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Nota bene
La perdita può essere dedotta anche negli esercizi successivi a quello in cui scade il termine dei 6 mesi, a condizione che ciò avvenga nell’esercizio in cui il costo viene imputato a conto economico.
Al contrario, se l’imputazione del costo in conto economico avviene nell’esercizio x e i sei mesi scadono nell’esercizio x+1 il costo può essere dedotto dal reddito in quest’ultimo esercizio e non in esercizi successivi.
La nota n. 9/2014 dell’Accademia Romana sottolinea anche un ulteriore aspetto, cioè il fatto che l’entità del credito non è riferita al debitore nel suo complesso ma alla singola obbligazione.
Nota bene
Se il creditore vanta più crediti nei confronti dello stesso debitore, di importo complessivamente superiore a 5.000 euro – 2.500 euro ma unitariamente inferiore a detto limite, potrà dedurre la perdita derivante da ciascuno di essi.
Il principio è valido per i crediti derivanti da obbligazioni autonome.
Se invece il credito deriva da obbligazioni periodiche, il limite è relativo alla somma dei crediti della medesima obbligazione periodica, scaduti da più di sei mesi nel medesimo periodo d’imposta.
Nella circolare n. 26/E/2013, l’Agenzia delle Entrate ha inoltre stabilito che – se i requisiti per poter dedurre una perdita su crediti di modesto importo sono rispettati in un certo anno d’imposta – la deduzione del costo potrà avvenire anche in un periodo successivo, senza dover verificare nuovamente i limiti.
Nota bene
Ai fini del calcolo dei 6 mesi, la scadenza “ordinaria” per il pagamento dei crediti commerciali è 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura ovvero 60 giorni, se pattuito diversamente dalle parti.
I 30 giorni decorrono dalla data del ricevimento della merce o del servizio quando la fattura è ricevuta prima di tale data ovvero quando non sia certa la data di ricevimento del documento fiscale.
Se invece è prevista ex lege (o da contratto) l’accettazione o verifica della merce, i 30 giorni decorrono da questi eventi.

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